6 Settembre 2010
PROTESTA PASTORI: COLDIRETTI, 30 % DI ALLEVAMENTI IN MENO IN 10 ANNI

Anche in Umbria l’attività dei pastori assume una doppia e importante valenza che va assolutamente tutelata: sotto il profilo economico ed anche come presidio, difesa e valorizzazione del territorio. È quanto affermato dal presidente della Coldiretti Umbria Albano Agabiti oggi a Roma in occasione della protesta dei pastori davanti al Ministero delle Politiche Agricole, cui hanno partecipato anche numerosi allevatori e dirigenti della Coldiretti regionale, per rivendicare interventi strutturali e congiunturali a difesa del settore, a cominciare da più equi prezzi di mercato per le vere produzioni Made in Italy.
Occorre impegnarsi - ha sostenuto Agabiti - per costruire una filiera ovina tutta agricola e tutta italiana, che elimini le intermediazioni e consenta il rapporto diretto con il mercato e i consumatori; trasparenza della filiera e del mercato e l’informazione del consumatore sono i presupposti per ottenere un miglior reddito dal mercato e una maggiore redditività per le imprese. Proprio per questo tra l’altro - ha ribadito Agabiti - rinnoviamo anche oggi il nostro impegno a sostegno dell’etichettatura di origine obbligatoria per tutti gli alimenti.
Continua l’azione della Coldiretti Umbria - ha osservato il direttore regionale Angelo Corsetti - in difesa dei redditi delle aziende agricole ma anche del territorio umbro: proprio in quest’ottica nei prossimi giorni incontreremo l’Assessore regionale all’Ambiente Silvano Rometti per fare il punto su una serie di questioni che da tempo stanno a cuore agli imprenditori e che assumono una forte importanza anche da un lato ambientale.
Sono calati del 30 per cento gli allevamenti di pecore negli ultimi dieci anni in Italia dove la crisi in atto rischia di decimare irrimediabilmente i circa 70mila allevamenti rimasti che svolgono un ruolo insostituibile per l’ambiente, l’economia, il turismo e la stabilità sociale del territorio. È questo l’allarme lanciato dai pastori giunti per la prima volta a Roma per sostenere insieme al presidente nazionale della Coldiretti Sergio Marini la piattaforma di interventi per salvare un patrimonio unico del Made in Italy al Ministero delle Politiche Agricole. Un migliaio di pastori - sottolinea Coldiretti - sono giunti da Sardegna, Lazio, Toscana, Sicilia, Umbria e altre Regioni italiane per passare dalla protesta alla proposta con la richiesta di iniziative sul piano politico-istituzionale e su quello del mercato, dove il latte viene sottopagato dalle industrie a livelli insostenibili per gli allevatori. “No pecore no party, senza la pastorizia la Sardegna muore”, “Industriali come lupi strangolano pastori”, “Allevamenti Ko: il prezzo non è giusto” e “subito l’etichetta di origine” sono alcuni degli slogan scritti negli striscioni che sono sostenuti dai manifestanti della Coldiretti che hanno adottato come mascotte un piccolo agnellino ed offerto gustoso pecorino,  frutto del proprio lavoro, ai passanti.
Sveglia alle 5 del mattino per la prima mungitura che sarà ripetuta nel pomeriggio per ottenere con ogni pecora circa un litro di latte al giorno che viene pagato fino a 60 centesimi al litro con un calo del 25 per cento rispetto a due anni fa e ben al di sotto dei costi di allevamento che si avvicinano all’euro. E non va meglio per la lana con i costi di tosatura e di smaltimento che superano notevolmente i ricavi o per la carne quando solo a Pasqua - riferisce Coldiretti - quella venduta dall’allevatore a circa 4 euro al chilo viene rivenduta dal negoziante a 10-12 euro al chilo. Sta in questa contraddizione con la mungitura di una pecora che vale molto meno di una tazzina di caffè la ragione della mobilitazione promossa dalla Coldiretti che sottolinea come in queste condizioni la maggioranza dei 70mila allevamenti di pastori saranno costretti a chiudere.
Nell’ultimo quinquennio la produzione nazionale di latte ovicaprino ha evidenziato una tendenza al calo a causa di una progressiva perdita di redditività degli allevamenti con la remunerazione del latte che ha seguito un trend negativo negli ultimi cinque anni. L’allevamento ovicaprino - sottolinea Coldiretti - è un’attività che, concentrata nelle zone svantaggiate, è ad alta intensità di manodopera. Il settore ha registrato un incremento dei costi, in particolare per il combustibile, l’elettricità e i mangimi, determinando una ulteriore pressione sul settore che già versa in una situazione critica sul piano della competitività. Preoccupante è la flessione costante dei consumi nazionali dei prodotti ovicaprini. Anche nel mercato estero, le scarse strategie di difesa dell’immagine dei prodotti tipici italiani porta a sostituire l’acquisto del Pecorino Romano (95 per cento dell’export di formaggi ovicaprini) con prodotti simili provenienti da altri concorrenti stranieri. Inoltre, l’eccessiva dipendenza dall’export di un singolo prodotto (Pecorino Romano) su un unico mercato (Stati Uniti) rende estremamente vulnerabile tutta la filiera, come dimostra l’andamento negativo delle vendite durante l’ultimo quinquennio. Da evidenziare, infine, la crescente importazione nell’Unione Europea di carne ovina che esercita una pressione al ribasso sul prodotto nazionale per la mancanza dell’obbligo di indicare l’origine in etichetta che - conclude Coldiretti - consente di spacciare come nazionale la carne importata.