5 Luglio 2017
CETA: COLDIRETTI UMBRIA, PARLAMENTO NON TRADISCA MADE IN ITALY

Per la prima volta nella storia dell’Unione Europea un trattato accorda a livello internazionale esplicitamente il via libera alle imitazioni dei prodotti italiani più tipici e spalanca anche le porte all’invasione di grano duro e a ingenti quantitativi di carne a dazio zero. È quanto sottolinea Coldiretti Umbria in occasione della mobilitazione #stopCETA di migliaia di agricoltori, anche umbri, che hanno lasciato le campagne per invadere la Capitale in Piazza Montecitorio, davanti al Parlamento dove è in corso la discussione per la ratifica del Trattato di libero scambio con il Canada. Ancora una volta - ha affermato il presidente Coldiretti Umbria Albano Agabiti - il settore agroalimentare è divenuto merce di scambio nelle trattative internazionali senza alcuna considerazione del pesante impatto che ciò comporta sul piano economico, occupazionale e ambientale e della sicurezza. È necessaria una valutazione ponderata e approfondita dell’argomento, soprattutto in considerazione della mancanza di reciprocità tra modelli produttivi diversi che grava sul trattato ha precisato Agabiti, presente all’iniziativa di oggi a Roma #stopCETA, condivisa con un’inedita ed importante alleanza con altre organizzazioni (Cgil, Arci, Adusbef, Movimento Consumatori, Legambiente, Greenpeace, Slow Food International, Federconsumatori, Acli Terra e Fair Watch) che chiedono di fermare un trattato sbagliato e pericoloso per l’Italia. Nel CETA - sottolinea Coldiretti - manca il riferimento alla portata vincolante del principio di precauzione che, in Europa, impone una condotta cautelativa nelle decisioni che riguardano questioni scientificamente controverse circa i possibili impatti sulla salute o sull’ambiente. L’accordo - precisa Coldiretti - prevede, al contrario, l’applicazione del principio di equivalenza delle misure sanitarie e fitosanitarie tra le parti, consentendo di ottenere il mutuo riconoscimento di un prodotto (e, quindi, di evitare nuovi controlli nel paese in cui verrà venduto), dimostrandone l’equivalenza con quelli commercializzati dalla controparte. Il problema è che in Canada viene utilizzato un numero rilevante di sostanze attive vietate nella Ue; gran parte di queste sono molecole risalenti agli anni ’70 vietate nell’Unione da circa 20 anni. Analogamente nel paese nordamericano - ricorda Coldiretti - vi è un diffuso impiego di Ogm nei campi e di ormoni negli allevamenti che sono anch’essi vietati in Italia, al pari dell’utilizzo di antibiotici in agricoltura. Nei trattati - conclude Coldiretti - va riservata all’agroalimentare una specificità che tuteli la distintività della produzione fermando una escalation che mette a rischio la tutela della salute, la protezione dell’ambiente e la libertà di scelta dei consumatori.